La Galleria Gracis è lieta di annunciare che dal 3 ottobre al 23 dicembre 2023 ospiterà la mostra “Soluzioni immaginarie”, dedicata al grande artista milanese Enrico Baj a 20 anni dalla scomparsa. Erede dello spirito surrealista/dadaista, Baj sperimenta nell’arco della sua carriera tecniche e soluzioni stilistiche inedite, avvalendosi dei materiali più disparati, come stoffe, medaglie, frammenti metallici, perline, lustrini, specchi e vetri colorati.
Le sue opere dissacranti, e dalle sottili implicazioni politiche, esprimono tematiche ancora estremamente attuali. Il titolo della mostra fa riferimento alla Patafisica, ovvero “la scienza delle soluzioni immaginarie” coniata dal drammaturgo e poeta francese Alfred Jarry alla fine del XIX secolo, che tanto influenzerà l’opera di Enrico Baj. Essa è fondamentalmente la reinvenzione delle leggi che regolano la società stravolgendone i codici acquisiti. L’ironia e l’irriverenza di questa scienza, costituiscono per Baj “gli anticorpi dell’uomo contemporaneo contro l’oppressione e la massificazione della burocrazia”. Si intuisce quanto il lavoro di Baj si sia basato proprio su questo assunto, con una lettura sempre
ironica, ma estremamente pungente, nei confronti della contemporaneità. Fin dagli esordi con il Movimento Nucleare, nato nel 1951 come risposta agli orrori della Bomba Atomica, passando per la passione ritrattistica di generali e
dame, figure in cui l’apparire prevale sull’essere e da cui traspare la sua natura antimilitarista, al grande capolavoro dei
Funerali dell’Anarchico Pinelli, per Baj la critica sociale ha rappresentato l’elemento propulsore del suo fare
arte. Un artista che ha sempre rappresentato una feroce voce fuori dal coro e le cui opere risultano ancora oggi di un’assoluta attualità e il quale significato si rafforza giorno dopo giorno. Una poetica definita da Crispolti “tipicamente ironica-contestativa-farsesca” delineando così un personaggio/artista che ha guardato al mondo con gli occhi di un bambino, in un continuo gioco diassimilazione e restituzione sarcastica e ironica del dato reale.
In mostra una serie di opere che raccontano la tendenza dell’artista ad antropomorfizzare la realtà. Baj attua un recupero sistematico del genere del ritratto, nel quale il soggetto perde, però, ogni individualità; esso è svuotato di ogni psicologia, per essere rivestito di medaglie, onori e attributi dal vano significato. Pomposi nomi affibbiati a personaggi effimeri, la cui importanza risiede solo nell’essere stati soggetti del ritratto stesso.
Enrico Baj | Orazio Nelson Duca di Bronte 1972 | Conchiglie medaglie e bussole su seta su tavola 80×70 cm
Come nella serie dei Guermantes, ampiamente rappresentata in mostra con circa 40 pezzi, realizzata da Baj dal 1999 al 2000, ispirata al terzo volume di Alla Ricerca del tempo perduto di Marcel Proust. Qui sfilano, re, regine, marchesi, poeti, dignitari, artisti, medici e generali, effigi della vanità. Baj applica una moltitudine di soluzioni immaginarie a tutta la sua produzione, dai disegni, ai dipinti, ai collage, agli specchi fino a giungere ai multipli, alla cui produzione l’artista si dedica con passione, in una ricerca di democratizzazione del suo lavoro, giungendo a declinazioni del concetto di opere d’arte in edizione con modalità espressive inedite. Ogni opera appare sempre unica, sebbene realizzata in serie, perché ogni tecnica che mette a punto non gli permette la riproduzione anastatica. Ogni conchiglia è difatti diversa da un’altra per sua stessa natura, ogni taglio di tessuto, ogni pezzo di passamaneria, rivelando la passione per un lavoro artigianale, tecnicamente estremamente accurato.
Anche quando la mano di Baj si posa sugli specchi, essi non riflettono l’esistente ma scompongono, per la loro natura frammentaria, il soggetto riflesso, trasformandolo in qualcosa di grottesco e tornando ancora una volta sul tema del ritratto. In opere come Personaggio allo specchio, infatti, si è allo stesso momento spettatori e soggetti dell’opera.
“L’ottimismo e il pessimismo, ai suoi occhi, devono essere annoverati tra le cose profondamente comiche. L’insoddisfazione per il presente stato delle cose, sociali, politiche, scientifiche, agisce per lui da stimolo. Crea il suo universo di allegria sarcastica e di iconoclastia grazie a questa insoddisfazione, che non tende mai alla cupezza meno ancora alla depressione. Una risata immensa, questa è la sua risposta personale al pervadente nichilismo universale, e questa risata si sente in tutti i suoi quadri” (Alain Jouffroy, Un Manifesto permanente contro la stupidità)
Enrico Baj | Personaggio allo specchio 1971 50×61 cm
Biografia
Enrico Baj nasce a Milano il 31 ottobre 1924. Spirito ribelle, contrario a ogni tipo di militarismo, si rifugia a Ginevra nel 1944 per sfuggire al servizio militare e, al termine della guerra, frequenta l’Accademia di Belle Arti di Brera (1945-1948) e la Facoltà di Legge a Milano. Dopo aver completato gli studi di Giurisprudenza, nel 1951 promuove, assieme a Sergio Dangelo e a Gianni Dova, il Movimento Arte Nucleare e tiene nella sua città natale la prima personale presso la Galleria San Fedele. Nel 1953 conosce Asger Jorn, con il quale fonda il Movimento Internazionale per un Bauhaus Immaginista, schierandosi contro la forzata razionalizzazione e geometrizzazione dell’arte. L’anno seguente organizza gli Incontri Internazionali della Ceramica ad Albisola, in Liguria.
A partire dagli anni Cinquanta è presente sulla scena internazionale e, in particolare, espone regolarmente a Parigi e dal 1960 negli Stati Uniti. Dal 1967 inizia una lunga e proficua collaborazione con lo Studio Marconi. In Francia André Breton lo invita a esporre con i surrealisti e nel 1963 gli dedica un saggio pubblicato sulla rivista “L’oeil” di Rosamond e George Bernier.
Negli anni Settanta gli vengono dedicate le prime grandi retrospettive (Palazzo Reale, Milano; Museum Boijmans van Beuningen, Rotterdam; Palais des Beaux-Arts, Bruxelles). Nel 1971 hanno luogo tre importanti mostre a Palazzo Grassi, Venezia; al Museum of Contemporary Art, Chicago e al Musée de l’Athénée, Ginevra.
Si distinguono nella sua produzione un filone ludico da un lato, dove prevale il piacere di fare pittura con ogni sorta di materiali, e dall’altro un forte impegno civile e una critica della contemporaneità, che si esprime nei
Generali e nelle Parate militari degli anni Sessanta, e ancor più nelle opere degli anni Settanta, come I funerali dell’anarchico Pinelli (1972) e l’Apocalisse (1979). Negli anni Ottanta realizza la serie Metamorfosi e Metafore (1988), nella quale sviluppa una figurazione dell’immaginario e del fantastico. Nel 1993 inizia il ciclo delle
Maschere tribali, assemblaggi realizzati con gli scarti della civiltà moderna per creare ironiche e coloratissime maschere, cui fanno seguito i Feltri (1993-98) e i Totem (1997). Numerosi sono i rapporti dell’artista con poeti e letterati italiani e stranieri, che portano a varie collaborazioni e alla realizzazione di diversi libri d’artista.
Molte sono anche le collaborazioni con altri artisti, tra i quali Lucio Fontana e Piero Manzoni. Nel 2001 inizia un ciclo di opere dedicato alle storie di Gilgamesh, re dei Sumeri. Dopo la morte dell’artista, avvenuta il 16 giugno 2003, una grande retrospettiva coinvolge diverse sedi milanesi (Spazio Oberdan, Accademia di Belle Arti di Brera, Galleria Giò Marconi, Fondazione Mudima). Nel 2017 il Cobra Museum of Modern Art di Armstelveen gli dedica un ampio retrospettiva dal
titolo Play as Protest, con circa 100 opere realizzate tra gli anni ’50, ’60 e ’70.
Enrico Baj | specchio 1974 120×150 cm | Photo credit Fabio Mantegna
Enrico Baj
Soluzioni immaginarie
3 ottobre – 23 dicembre 2023
Opening 3 ottobre dalle ore 10 alle 21
Per maggiori informazioni: www.galleriagracias.com