Lavoro a contatto con l’arte da tantissimi anni, giro per mostre e gallerie e da tanto tempo mi chiedo quali siano le innovazioni, dove sono finiti gli uomini che hanno creato il futurismo e le altri correnti che, senza aiuto di social, tv e altri artifizi, sono riusciti a unire le loro menti e i loro intenti creando una potenza di fuoco che ancora non si è spenta.
Mi sono chiesto spesso cosa li abbia spinti in quella direzione, quale necessità sia stata propulsore di tanto fervore e animo. Mi sono più volte domandato: ma se fossi io, cosa mi spingerebbe oggi a fare qualcosa in una direzione solo perché ne sento l’esigenza personale, senza alcun ritorno economico, alcun flusso di cassa e alcun piano strategico? Cosa davvero mi spingerebbe? Dovrei avere un reale bisogno, un vero credo, vedere la necessità e portarla fra le braccia di altri, in modo che venga accolta.
Dovrei ridurre ai minimi termini il male del nostro tempo e combatterlo in qualche modo, creare un manifesto con intenti chiari e condivisi da tanti.
Analizzando il nostro tempo, guardando la tv e i media in generale, quello che ho potuto osservare è il dilagare della banalità: le persone vengono spinte verso il basso da discorsi inutili. Nel contempo, però, vedo i teatri che si riempiono, le mostre d’arte sempre più affollate, un interesse e una ricerca del bello e del profondo attiva e vitale. Ecco, forse il nemico comune è la banalità; c’è un desiderio di vera conoscenza, di profondità, di contatto con la cultura. Il tempo che abbiamo lo vogliamo spendere per qualcosa di bello, qualcosa che ci arricchisca veramente. Vogliamo uscire dal posto in cui abbiamo pagato un biglietto con un’esperienza e portarci a casa qualcosa che sia all’altezza di un abbraccio al tramonto con il nostro amore, un ricordo indelebile, non meno di questo.
Quando non abbiamo questo risultato possiamo considerarci delusi.
Nasce così, passeggiando per la città, una nuova corrente che mira verso l’alto in un mondo nel quale servono contenuti che si depositino nel nostro cuore e nella nostra anima, non autopromozione da piazzisti: l’antibanalismo.
Gianluca Piroli